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BATTERIA

Posted on: 5 agosto 2008

Storia della BATTERIA

Una batteria elettrica (o meglio un “pacco batteria”) è un dispositivo costituito da diversi elementi collegati in serie in modo che la tensione dei singoli elementi si sommi.

Gli elementi, tutti del medesimo tipo, possono essere primari o secondari.
Si definisce primario o “
pila” un elemento non ricaricabile, secondario o “accumulatore” un elemento ricaricabile.

Sono esempi di batterie ricaricabili l’accumulatore dell’automobile e del telefono cellulare.

Sono elementi non ricaricabili, ossia primari, tutte le pile alcaline. I formati più comuni disponibili in commercio sono: AA-stilo, AAA-ministilo, AAAA-microstilo, C-mezzatorcia, D-torcia. Le pile da 9V sono in realtà batterie di 6 elementi da 1,5 V. Il formato 4,5V non è ormai più utilizzato.

La capacità delle batterie, ovvero la quantità di carica elettrica che può essere immagazzinata, è comunemente espressa in Ampere-ora (Ah), dove 1 Ah equivale a 3600 Coulomb. Per ottenere l’energia in wattora è necessario moltiplicare la capacità in Ah per la tensione nominale.

Una batteria da 1 Ah può erogare una corrente di 0,1 ampere per dieci ore prima di scaricarsi. In realtà la capacità reale è molto dipendente dal tasso di scaricamento, decrescendo con l’aumentare della corrente richiesta. Per questo una batteria da 1 Ah solitamente non riesce a fornire 1 ampere per un’ora.

Di solito la capacità è intesa come il prodotto tra la corrente erogata, misurata nell’arco di 10 o 20 ore, e il tempo.

La capacità è misurata sperimentalmente sottoponendo la batteria ad un ritmo di scarica standard, solitamente con una corrente che faccia scaricare la batteria in venti ore ovvero una corrente pari alla capacità della batteria diviso venti ore.

Ci sono in commercio dei tester di capacità delle batterie primarie (non ricaricabili) e secondarie (ricaricabili).

Quando circola corrente in un elemento (sia in fase di scarica, sia in fase di ricarica -per gli elementi secondari-) si producono reazioni chimiche esotermiche, ossia con generazione di calore.
Una scarica (o carica) troppo violenta può provocare l’esplosione dell’elemento e per questo motivo è importante fare attenzione a non mettere in
cortocircuito i due poli elettrici della batteria.

Se si cerca di ricaricare un elemento non ricaricabile, si ottiene una produzione di idrogeno e ossigeno ai due poli delle singole celle, e se la produzione dei due gas è più alta della loro velocità di fuga, la batteria può esplodere.

Per la ricarica casalinga di elementi è preferibile utilizzare caricabatterie che dispongano di protezioni, quali:

  • riconoscimento di elementi primari (es. pile alcaline), impedendone automaticamente la carica
  • protezione contro lo scambio di polarità
  • protezione verso surriscaldamento dell’elemento in carica
  • limitazione della durata massima della ricarica
  • individuazione automatica della capacità della batteria ricaricabile (e conseguente adattamento della corrente di ricarica)

Batteria ricaricabile.

Conosciute anche come batterie secondarie o accumulatori.

  • Batteria piombo-acido – Comunemente usata negli autoveicoli, sistemi d’allarme e sistemi anti black-out. Di solito impiegata come “A” o batteria “umida” in apparecchiature radio a valvola. Il maggior vantaggio di quella chimica è il suo basso costo: una batteria grande (es. 70 Ah) è relativamente economica, se confrontata alle altre chimiche. Comunque, questa batteria chimica ha meno intensità d’energia delle altre batterie chimiche conosciute oggi (vedi sotto).
  • Batteria agli ioni di litio – Una pila chimica relativamente moderna che offre una densità di carica molto alta (una piccola batteria Li-ion conterrà molta energia elettrochimica) e che non soffre di alcun effetto memoria. Sono largamente utilizzate in sistemi laptop, macchine fotografiche digitali, alcuni lettori mp3 (come l’iPod) e la maggior parte dei dispositivi digitali portatili.
  • Batteria agli ioni di litio-polimero – Presenta proprietà simili alla pila Li-ione, ma una densità di carica leggermente inferiore. Può essere facilmente adattata alle caratteristiche di oggetti particolari, come le batterie ultra sottili (1 mm di spessore) degli ultimi PDA. Se costruita appositamente è capace di erogare molta più energia delle batterie Li-ion, ed è quindi usata spesso negli aeromodelli elettrici.
  • Batteria sodio-zolfo
  • Batterie nichel-ferro
  • Batteria nichel-metallo idruro (NiMH)
  • Batterie nichel-cadmio (Ni-Cd) – Impiegate in molte applicazioni domestiche, stanno oggi scomparendo in quanto surclassate dalle pile Li-ion e NiMH. Con questa pila si possono ottenere i più lunghi cicli di ricarica (oltre 1500) ma a discapito della densità di carica, rispetto alle più attuali batterie. Le celle al Ni-Cd che utilizzano tecnologia antiquata risentono di “effetto memoria”, anche se in quelle più moderne tale effetto è stato notevolmente ridotto. Inoltre il cadmio è un metallo pesante tossico.
  • Batteria sodio-metallo cloruro
  • Batteria nichel-zinco
  • Batteria a sale fuso
  • Batteria argento-zinco – Fu il dispositivo a più alta densità di energia (precedentemente allo sviluppo delle tecnologie al litio) e il suo utilizzo primario riguardò l’ambito aeronautico. L’aumento mondiale dei prezzi dell’argento rese l’utilizzo di questa batteria non più conveniente. Fu utilizzata per le ultime missioni lunari Apollo.

Considerazioni ambientali

Sin dal loro primo sviluppo risalente a oltre 250 anni fa, le batterie sono rimaste tra le fonti di produzione di energia relativamente più costose e la loro produzione richiede il consumo di molte risorse di un certo valore e spesso implicano anche l’impiego di sostanze chimiche pericolose. Per questa ragione esiste una specifica rete di riciclaggio (per l’Italia è il consorzio COBAT) atta a recuperare dalle batterie usate parte dei materiali di maggiore tossicità e anche altri materiali di un certo valore. Le norme italiane prevedono che le batterie esauste siano considerate a tutti gli effetti dei riufiti pericolosi e che quindi l’intero ciclo di vita dello smaltimento sia tracciato da parte di chi genera il rifiuto e da chi lo smaltisce. Eventuali irregolarità sono penalmente perseguibili.



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